SERENA VESTRUCCI | Notte in bianco

1 apr. 2016 at 7 pm

 

Galleria Fuoricampo
ia Salicotto 1-3,
53100Siena

 

 

 

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Ci siamo ritrovati in una grotta di mattoni. È accaduto tutto così velocemente, che non ho fatto in tempo a rendermi conto di chi fossero gli altri e del perché ci avessero portati lì. Secondo alcuni si trattava di una caverna in cui saremmo dovuti restare immobili, in silenzio, senza sapere fino a quando, nella speranza che qualcuno si accorgesse di noi. A me pareva più un buco dal quale di tanto in tanto intravedevo dei visi che con aria scettica mi fissavano distrattamente per qualche istante, per poi tornare sui loro passi, con l’espressione perplessa di chi avrebbe voluto sentire appagata chissà quale aspettativa, e appagato non era. Provavo a riconoscermi come nuovo abitante di quell’ambiente artificiale. Sembrava che la natura fosse stata chiusa fuori e che chi veniva a farci visita cercasse con noi un contatto verbale, senza capire invece che non parlavamo la stessa lingua e che per conoscerci servivano gli occhi. Quando sono stato io a provare a rivolgermi ai miei simili, mi sono reso conto che nessuno di noi poteva guardare gli altri, e che proprio il dispositivo che oscurava la nostra capacità di vedere – ed essere visti – ne era in realtà un amplificatore, in quanto concentrava la possibilità di osservare. È stato allora che mi è diventato chiaro come, proprio attraverso un processo di costrizione della vista, poteva essere favorita l’esperienza della mimesi dello sguardo. Nelle settimane seguenti sentivo che la temperatura esterna stava salendo e che le giornate iniziavano ad allungarsi. Poi è arrivato uno strano momento in cui ci hanno spostato dalle nostre posizioni e chiuso dentro alcune casse.Da allora non ho più visto niente.